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  Francesco Gallo Mazzeo

Claudio Rolfi incorpora nella sua opera tutta una serie di suggestioni che  lo rendono conoscibile all’interno di una cornice in cui coesistono, diversità, opposizioni, distanze, di una sua bella e godibile complessità,tanto che si possono rilevare elementi immaginari riferibile al mondo quattrocentesco di Felice Casorati, riportati in clima di modernità dal grande autore novecentesco e di cui qui si accolgono le valenze aperte alla novità e all’originalità, che in esse sono insite organicamente. Lo stesso si può che l’occhio di Carrà, pittore intellettuale per eccellenza, la cui carica alchemica non finisce di dettare visioni e suggestioni, sia per colore che per forma, con le sue reminiscenze di Masaccio e di Masolino e per scorribande dorico germaniche di Giorgio De Chirico, rivoluzionante artefice delle cronologie e delle sincronie, non solo della pittura, ma di tutto un modo di vedere e di pensare, un supposto tramonto dell’occidente. Una pittura pensante e pensata che si accomoda in imprevedibili mongolfiere, per scrutare il paesaggio della nostra vita, reso urbano, industriale, in mezzo ad una campagna inquietante, non serena, confinante o meglio sconfinante con un degrado di tralicci che sono lance conficcate in un paesaggio, silenzioso perché ammutolito, sospeso, perché incerto e cadente, lacerato non solo dal suo mito lontano ma anche dalle memorie più recenti.Una pittura che raccoglie le sue immagini dal reale, dal quotidiano e poi nel taglio, della luce dei colori e della angolazione prospettica, le innalza a metafore di un espressionismo che senza forzature, si incarica di dirci e darci un quid, che non è dell’immediatezza, reale, ma è il ricavato della sua traduzione pittorica, in exitu di un travaglio inscritto, che coglie nel segno, dando suggestioni, annunciando domande sublimi.

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